Il mistero di un ritratto

Tempo fa affascinata ed incuriosita dalla storia di questa giovane nobildonna romana, Beatrice Cenci, nata nel 1577, feci delle ricerche sulla sua tragica vita.

Chi era Beatrice Cenci? Una giovane donna che a 16 anni venne rinchiusa in una fortezza ed abusata sessualmente e per lungo tempo da un padre tiranno e violento, Francesco Cenci. Dopo anni di questi soprusi, con l’aiuto della madre e dei fratelli, organizzò l’uccisione dello stesso per vendicare il proprio onore.

Purtroppo, dopo un processo farsa, senza tenere conto dei soprusi commessi dal padre, tutta la famiglia venne prima torturata e poi condannata a morte, pena la decapitazione.

La giovane nobildonna, come ampiamente documentato in un commento al mio precedente post dall’amico Sergio Sestolla dove, tra l’altro, si faceva cenno al dramma sulla violenza delle donne, fu forse la prima vera martire della Roma papalina.

Sul ritratto della giovane Beatrice, attribuito al pittore Guido Reni, che si trova in una delle sale del Palazzo Barberini a Roma, c’è però un grande mistero.

Per dipingere la fanciulla, Guido Reni avrebbe dovuto averla vista, ma alcune fonti storiche non lo danno a Roma prima dell’anno 1600 e, a quella data, Beatrice era già stata giustiziata. Il dipinto è datato 1599 e questa data sembra piuttosto strana.

Sembrerebbe, infatti, che l’autore del ritratto, ossia l’autrice in questo caso, sia una pittrice bolognese non molto conosciuta, Ginevra Cantofoli. Il suo “Testa di ragazza”, dipinto conservato al Museo Ala Ponzone di Cremona, somiglia moltissimo al ritratto dove si raffigura Beatrice Cenci. La mano sembra essere la stessa ed i volti sono assolutamente simili. Certamente la stessa modella.

Allora perchè attribuire il ritratto a Guido Reni? Probabilmente perchè, essendo un celebre pittore, per di più un uomo aggiungo, il dipinto assume maggior valore.

Mi chiedo chi sia stata veramente la giovane fanciulla ritratta…

6 pensieri riguardo “Il mistero di un ritratto

  1. Una bellissima diovane vissuta in unìepoca disgraziata per le donne. Dove gli uomini , che fossero padri o mariti, avevano il potere di vita o di morte sulla loro vita. Le donne allora non avevano nessun diritto , figuriamoci se potevano ribellarsi! Povera cara Beatrice Cenci, così giovane e già così maltrattata. Il suo bel viso esprime dolcezza e tristezza, rassegnazione. Ovunque sia, di certo ora starà meglio!!!!

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    1. Cara Vitty, sono passati dei secoli, ma ancora oggi il potere di vita o di morte su molte donne lo hanno ancora gli uomini, soprattutto mariti, compagni o amanti! Il femminicidio è all’ordine del giorno. I casi si ripetono in maniera devastante.

      Poche donne denunciano per paura e quelle che lo fanno non hanno vita facile e spesso vengono perseguitate a causa di leggi che non sempre le tutelano. Anche se oggi le donne hanno conquistato dei diritti, la ribellione lascia il campo alla repressione.

      Che tristezza…

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      1. Hai ragione Mary, non passa giorno che una donna venga uccisa. E c’è da aggiungere che chi dovrebbe, non le difende a dovere…e questo è molto triste perchè le donne si ritrovano spesso e volentieri a doversi difendere da sole,,,,perchè sono sole!

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  2. Sono sempre stata affascinata anch’io dal ritratto di Beatrice Cenci e dalla sua storia.
    La prima volta che lo vidi fu in una riproduzione nel Melzi-scientifico-linguistico ed ero bambina.

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  3. Anch’io ho ammirato il ritratto di questa giovane donna, ma sempre nelle immagini e nelle ricerche che ho approfondito riguardo alla sua storia ed agli eventi accaduti durante quei lontani anni.

    Spero, passato questo periodo tremendo, di poter ammirare l’originale a Palazzo Barberini.

    Grazie per essere passata nel mio blog.

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  4. Riprendo il commento di Vitty, che storicizza il ritratto di Beatrice Cenci con “bellissima giovane vissuta in un’epoca disgraziata per le donne”, e più oltre con “le donne allora non avevano nessun diritto, figuriamoci se potevano ribellarsi”.

    Eh, sì! . . . Allora le donne erano “cose”: a loro (ovviamente a quelle nobili ed invidiate, delle altre non si conosce la storia!) spettava o il “matrimonio”, come strumento di alleanze politiche o di scambio di beni, oppure “la vita monacale ad alto livello” (Monaca di Monza docet), che in fondo era pur sempre un atto d’amore dei genitori per proseguire a vivere.

    All’epoca, infatti, con la loro monacazione (più o meno forzata) il padre evitava che morissero giovani, in quanto, viceversa, se fossero andate spose si sarebbero spente assai presto per le deleterie conseguenze del parto (date le precarie condizioni igieniche esistenti) o per sifilide, a causa del contagio da parte del marito nobile condottiero, che con tale malattia spesso ritornava dalle guerre.

    Meglio senza dubbio le donne di oggi (anche se stringi stringi un preciso parallelismo non può effettuarsi), anche se in genere le donne sono accusate (lo dice la Bibbia) di avere provocato il grande danno della perdita del Paradiso Terrestre per avere ascoltato il serpente e quindi mangiato la famosa mela (al momento però mi sembra che sia avvenuto il grande riscatto di Eva, in quanto si può ben dire, data la incombente presenza del coronavirus, che rispetto a lei maggiore danno sta provocando “l’uomo” che per primo ha mangiato il pipistrello cinese!)

    Comunque, torniamo ai tempi di fine 500, rapportandoli a quelli del 2000..

    DONNA DI IERI E DONNA DI OGGI

    Ma che poteva fare una donna
    nobile nel seicento, chiunque fosse
    . . . Sforza, Visconti, Orsini o Colonna . . .
    se tutta la sua vita senza scosse

    si svolgeva fra un pranzo e un ballo? . . .
    un ascoltar la messa e un cavalcare? . . .
    più qualche studiaccio a pappagallo
    e mai la sua vita programmare,

    chè altri a ciò pensavano appena
    era lei nata, o cresciuta un poco?
    Sì, ricca, aveva tutto con la pena
    di essere però merce in un gioco

    di “questa te la do e in cambio tu
    terre mi dài oppure un’alleanza,
    e se la mia è bella anche di più
    tu devi a me!” . . . Per questo ad oltranza

    duchessa o principessa in fondo in fondo
    padrona era di molto tranne che
    dei sentimenti suoi nel girotondo
    di questa vita, che non sempre è danza.

    C’era un’alternativa, ovvio . . . c’era:
    se non sposata bene a lei spettava
    un bel convento con preghiere a sera
    . . . e per il resto ciò che capitava.

    E’ meglio oggi — da qui non si sgarra —
    che in mano della donna è il suo destino
    . . . porre a dritta e a manca la sua barra,
    . . . scegliere in libertà chi aver vicino

    . . . quando e con chi suonar la sua chitarra
    . . . con lui archetto farsi violino

    . . . aprirsi o meno come un oblò
    . . . ricevere mimose, o dire: “no,

    grazie, pure da sola bene sto!”

    (Sergio Sestolla)

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