Come eravamo prima…

Da bambini andavamo in auto che non avevano cinture di sicurezza nè airbag…
Le nostre culle erano dipinte con colori vivaci, con vernici a base di piombo…
Non avevamo chiusure di sicurezza per i bambini nelle confezioni dei medicinali, nei bagni, alle porte…
Quando andavamo in bicicletta non portavamo il casco…
Bevevamo l’acqua dal tubo del giardino, invece che dalla bottiglia dell’acqua minerale…
Uscivamo a giocare con l’unico obbligo di rientrare prima del tramonto. Non avevamo cellulari… cosicchè nessuno poteva rintracciarci…
La scuola durava fino alla mezza, poi andavamo a casa per il pranzo con tutta la famiglia (a volte con il papà)…
Ci tagliavamo, ci rompevamo un osso, perdevamo un dente, e nessuno faceva una denuncia per questi incidenti. La colpa non era di nessuno, se non di noi stessi…
Mangiavamo biscotti, pane e olio, pane burro e zucchero, bevevamo bibite zuccherate e non avevamo mai problemi di sovrappeso, perchè stavamo sempre in giro a giocare…
Condividevamo una bibita in quattro, bevendo dalla stessa bottiglia e nessuno moriva per questo…
Non avevamo playstation, videogiochi, televisione via cavo con 99 canali, videoregistratori, cellulari personali, computer, internet… Avevamo invece tanti amici…
Uscivamo e camminavamo a piedi fino a casa dell’amica, suonavamo il campanello o semplicemente entravamo senza bussare e lei era lì e uscivamo a giocare…
Sì, lì fuori, nel mondo crudele! Senza un guardiano! Come abbiamo fatto? Facevamo giochi con bastoni, palline, figurine, si formavano delle squadre: non tutti venivano scelti per giocare e gli scartati dopo non andavano dallo psicologo per il trauma…
Alcuni studenti non erano brillanti come altri e quando perdevano un anno lo ripetevano. Nessuno andava dallo psicologo, dallo psicopedagogo, nessuno soffriva di dislessia nè di problemi di attenzione nè di iperattività; semplicemente prendeva qualche scapaccione e ripeteva l’anno…
Avevamo libertà, fallimenti, successi, responsabilità e imparavamo a gestirli…

Ed allora la domanda è questa: come abbiamo fatto a sopravvivere? ed a crescere e diventare grandi?

I buchi delle Ferrovie

Il treno delle 7,03 lo chiamano diretto.
Ma può chiamarsi “diretto” un treno che quasi ad ogni stazione sosta per 2/3 minuti?
In Spagna con 5 minuti di ritardo, c’è il rimborso totale del biglietto.
Da noi, invece, è in previsione un aumento del biglietto per coprire i buchi delle Ferrovie. In questi casi viene da chiedersi: perchè là sì e quì no?
Da quando diciamo che le Ferrovie non vanno, che i treni cadono a pezzi, che i ritardi torturano l’anima di milioni di pendolari?
Togli un amministratore, prendi un altro, sostituisci il presidente, metti un tecnico; e lo Stato lì, a staccare assegni per stipendi e liquidazioni milionarie.
Ci hanno detto: adesso arriverà un Grande manager dei computer e la situazione cambierà. Ma il Grande Manager se n’è andato con una buonuscita da spavento ed i nostri treni sono ancora delle bettole puzzolenti che cadono a pezzi. Non solo. Chi c’era prima del Grande Manager era, a sua volta, un Grande Grande Manager, ma così grande che se n’è andato a risanare la compagnia aerea di bandiera.
Il risultato è che si prende uno stipendio mensile che supera i 200 mila euro (poverino…) e l’Alitalia è anche lei sulla via del crac.
A noi, modesti osservatori di questi “balletti” indecenti, viene la voglia di capire come si diventa Grandi Manager in questo Paese.
Su tante tratte ferroviarie dovevano arrivare nuovi treni.
Ma ogni giorno salgo su delle carrozze che avevano i sedili verdi, forse un secolo fa: ora da verdi sono diventati grigio topo di fogna. Ottimi per sedersi con degli stracci!
Per non parlare dei finestrini o della pavimentazione…
No problem, avevano risposto le Ferrovie. Cambieremo l’appalto di chi fa le pulizie. Ma soprattutto nelle tratte regionali sono da cambiare i treni!
Non c’è un bagno decente, le porte sono rotte e tali rimangono e nell’aria spesso aleggia un mix di odori da discarica.
E’ di questi giorni la notizia che le Ferrovie sono alla ricerca di un’altra ricetta “miracolosa” per evitare il fallimento: aumentare le tariffe o chiedere i soldi allo Stato. Ma che scoperta!
E un’occhiatina alla gestione dei bilanci, no?

Dedicato a CASSANDRO

Se me vorto e guardo indietro…
cominciava quer sonetto
l’ho promesso e nun lo nego
mo’ lo dedico d’un tratto
a ‘n poeta che, passando,
lascia fraggili emozzioni,
che se firma Sor CASSANDRO
su ‘sto blog de’ confessioni.

Nun lo so se compie l’anni,
se è tradito da l’affanni,
se la vita je soride,
se je piace famme ride.
A ‘st’amico assai speciale
un augurio che, virtuale,
nun je deve dà stupore,
perchè esce da ‘sto core!

Un saluto e ‘na postilla:
– Lassa perde er Sor SESTOLLA!! –
che l’auguri, impertinente,
te li fà, ma cor tridente!!!

(Mary)

Ogni promessa è un debito…

I veri vecchi

Siamo in autunno, l’estate è passata, e parlo anche dell’estate anagrafica, ahimè… Gli anni scivolano via e questo mi dà lo spunto per scrivere un post sui “veri vecchi”.
S’invecchia sempre di più e gli italiani sono tra i primi in Europa per longevità.
Ma, nello stesso tempo, s’intensifica la ricerca di farmaci per restare giovani e la corsa sfrenata al lifting è in continua crescita.
Ma il corpo e l’anima maturano insieme e trovo veramente patetici quei vecchi che si vestono come a trent’anni e sciupano la spontaneità dei capelli bianchi.
Sicuramente si sta perdendo il valore di due parole fondamentali: vecchiaia e saggezza.
I saggi hanno una visione del mondo straordinaria. Come se invecchiando, il cervello liberasse delle sostanze che i giovani non possiedono.
L’età non regala solo malanni, ma un altro modo di vedere il mondo. I veri vecchi sanno amare la solitudine, il silenzio, hanno il senso della tradizione e dell’eterno…
Se c’è un problema bisogna interpellarli: ricordo di averlo fatto spesso con i miei nonni, anni fa, ricevendo risposte inaspettate perchè i veri vecchi, come i bambini, vedono oltre.
I veri vecchi estraggono dal silenzio parole autentiche e… ci bendicono.
Questo non può farlo chi vuol mantenersi giovane. Lo fa solo chi entra nell’inverno della vita…

…..
Poco importa se i miei capelli diventano grigi,
sono sempre giovane e vecchio.
Come il più giovane e il più vecchio di questo villaggio.
Alcuni hanno negli occhi sorrisi semplici e dolci,
alcuni in furbesco ammiccare.
Alcuni piangono alla luce del giorno,
altri piangono in segreto nel buio.
Hanno tutti bisogno di me
e non ho tempo di rimuginare sull’eternità.
Ho la stessa età di ciascuno, e cosa importa
Se i miei capelli diventano grigi.

(Tagore)